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A 500 anni dalla nascita del Princeps Musicae
“TRANSITUS”
G. P. da Palestrina (1525 – 1594)
Missa pro defunctis: Kyrie – Offertorium – Sanctus – Agnus Dei
Libera me Domine
(Ed. critica a cura di R. Pintus)
V. Lusitano (c. 1520 – c. 1561)
Heu me Domine
G. P. da Palestrina
Heu mihi Domine
C. de Morales (1500 – 1553)
Lux Aeterna
G. P. da Palestrina
Peccantem me quotidie
K. Briggs (1991)
Media vita
OTTETTO VOCALE ROMANO
Marta Castrigno – Irene Moretti, cantus
Chiara De Angelis – Manuela Patti, altus
Leonardo Malara – Paolo Perone, tenor
Alessandro Masi – Michele Micocci, bassus
Ingresso ad offerta consigliata di 10-15 €
L’ Ottetto Vocale Romano è un ensemble di recente formazione composto da cantori animati
dalla profonda passione per lo studio della musica antica che accomunano le proprie
esperienze musicali maturate in varie formazioni vocali italiane. Il repertorio
principalmente eseguito include la polifonia dei grandi maestri del rinascimento italiano ed
europeo e composizioni adatte alle peculiarità del gruppo.
Giovanni Pierluigi da Palestrina (1525 – 1594) Nominato a soli vent’anni organista e maestro di canto a vita del duomo del paese natale (l’antica Praeneste, nei pressi di Roma), Giovanni Pierluigi è insignito nell’arco di un quindicennio (1551-1565) di una serie di prestigiosi incarichi nei principali centri romani della vita ecclesiastica: la cappella Giulia, la cappella Sistina, le chiese di San Giovanni in Laterano e di Santa Maria Maggiore.
Alternando la qualifica di cantore a quella di magister e dopo aver assunto nel 1565 la nomina a coordinatore dell’educazione musicale del nuovo Seminario Romano, Palestrina sceglie dal 1571 la cappella Giulia quale sede definitiva della sua attività e si dedica nel decennio successivo al riordino delle proprie composizioni, promuovendone la stampa in accurate e pregevoli edizioni. Nel 1591 viene eletto tra i soci fondatori della Vertuosa Compagnia de li Musici (la futura Accademia di Santa Cecilia) e trascorre gli ultimi anni tra la fama e gli onori. La basilica di San Pietro ne allestisce solenni e sontuose esequie funebri, facendo incidere sulla bara le parole “Joannes Praenestinus Musicae Princeps”.
La produzione di Palestrina, decisamente cospicua, annovera 104 messe (da 4 a 6 voci), 340 mottetti (da 4 a 12 voci) e 119 madrigali (da 3 a 6 voci), ovvero le forme del repertorio cinquecentesco più diffuse nel genere polifonico sacro e profano. A tale nucleo primario di composizioni pubblicate tra il 1554 e il 1594 e ai numerosi brani ospitati in antologie miscellanee si aggiunge un ulteriore e consistente gruppo di opere sacre a vario organico e di altrettanto diversificata destinazione liturgica: circa 200 brani, tra inni, offertori, lamentazioni, litanie, magnificat.
Oltre a sancire l’autorevole elogio riconosciuto a Palestrina dai più diretti fruitori del suo magistero, l’iscrizione funebre Princeps musicae rappresenta un tributo ben distante dalle classiche epigrafi “a perenne memoria”. Le innumerevoli citazioni (nelle fonti teoriche, nel repertorio musicale e nelle testimonianze di eruditi e musicografi) riservate con puntuale e straordinaria sistematicità all’opera di Palestrina testimoniano la sua reale grandezza. Oggetto di studio, imitazione e assimilazione sarà per tutti un modello stilistico (“a cappella”), utile a connotare una specifica prassi esecutiva (polifonia per sole voci) e destinato nei secoli a esaltare gli immutabili valori di alta tradizione compositiva con una locuzione stylus antiquus.
Oltre alle messe, privilegiati capolavori, lasceranno un segno indelebile anche i mottetti che includono alcuni pregevoli Salve Regina (a 4-5-6-8 voci) e uno splendido Stabat Mater a 8 voci (sul testo della sequenza di Jacopone da Todi) e i madrigali, che intonano o parafrasano componimenti dal Canzoniere di Petrarca e altri testi, tra cui le stanze della celebre Vergine bella che di sol vestita, offrendo un saggio di esemplare commistione tra soggetto “spirituale” e lingua volgare.
È insomma il linguaggio musicale lineare e mai virtuosistico, col suo perfetto equilibrio tra effusione melodica ed elaborazione contrappuntistica, ad affermarsi come il contributo più autentico e creativo di Palestrina.
La Missa pro defunctis di Giovanni Pierlugi da Palestrina possiede tratti stilistici e strutturali che la rendono un’opera unica, sia a confronto con il repertorio funebre rinascimentale, che con la produzione dello stesso autore. Proponiamo a seguire il responsorio Libera me, Domine a 5 voci che per lungo tempo è stato oggetto di dubbia attribuzione, ma che grazie a un attento studio del codice è stato ristabilito come composizione autentica di Palestrina. Il musicologo R. Pintus, autore dell’edizione critica, individua tre motivazioni cardine dell’analisi: innanzitutto la documentazione di un testimone che racconta che al funerale di Palestrina fu eseguito un Libera me, Domine a cinque voci scritto di suo pugno. In secondo luogo, l’usanza della Cappella Giulia di far cantare obbligatoriamente ai cantori pontifici un Libera me, Domine durante i funerali, nel tragitto verso la sepoltura; essendo questa un’usanza tipicamente romana potrebbe far comprendere la motivazione per cui il brano non si ritrova poi nelle edizioni a stampa, per una questione di commerciabilità. Infine, la coerenza stilistica con il resto della Missa.
Vicente Lusitano (ca. 1520 – ca. 1561) è senza dubbio il compositore portoghese più significativo della sua epoca. La maggior parte dei dettagli della sua vita rimangono un mistero e le poche informazioni che abbiamo provengono da fonti del XVII e XVIII secolo. Lusitano nacque a Olivença, in Portogallo, probabilmente da padre portoghese e madre angolana, e in diverse fonti viene definito “bruno” o “mulatto”. La sua carriera musicale è degna di nota per una serie di motivi: è il primo compositore di colore documentato nella storia della musica europea; ricoprì incarichi di prestigio a Padova, Viterbo, Roma e, dopo la conversione al protestantesimo, a Stoccarda; la sua raccolta di mottetti Liber Primus Epigramatum (1551) è la prima antologia di musica di un compositore portoghese pubblicata fuori dal Portogallo; altrettanto illustre è il suo trattato Introduttione facilissima, et novissima, di canto fermo, figurato, contraponto semplice, pubblicato a Roma nel 1553, con successive ristampe a Venezia (1561) e Lisbona (1603).
Il mottetto Heu me Domine, secondo molti studiosi, è una delle opere di più difficile esecuzione dell’intero repertorio vocale del 16° sec. Nonostante tutto ciò, oggi la sua musica rimane in gran parte sconosciuta e la maggior parte di essa deve ancora essere registrata. Oggi Vicente Lusitano è conosciuto principalmente per aver dibattuto con il celebre compositore e teorico Nicolà Vicentino in una famosa disputa teorica tenutasi a Roma nel 1551. Il dibattito, incentrato sulle divergenze di opinione riguardo all’accordatura di alcuni intervalli che richiedono un livello di sfumatura che sfida i limiti della percezione umana, fu arbitrato dai cantori del coro papale (una sorta di giuria speciale incaricata di risolvere questioni di teoria musicale) e alla fine la vittoria fu assegnata a Lusitano.
Cristòbal de Morales (1500 – 1553) è considerato fra i primi e più significativi rappresentanti della scuola spagnola e l’autonomia del suo stile, detto ab antiquo more hispano, va messa in stretto rapporto con il momento storico in cui s’è affermata, e cioè col periodo pre-palestriniano della prima metà del sec. XVI. Di natura melanconica e severa, il M. mostrò la pienezza della sua arte nel genere religioso, ch’egli seppe compenetrare della sua grave e meditativa austerità; non soltanto nelle messe, ma più nei mottetti, nei magnificat e nei responsorî il M. diede prova di saper illustrare la varietà del testo, pur restando nei limiti della sua personale commozione religiosa.
L’imponente e sublime Missa pro Defunctis a 5 voci, della quale eseguiamo il Lux Aeterna , è una delle opere più importanti della storia della musica ispanica del XVI secolo. Ciò che è davvero interessante di Morales è che, a partire dal 1535, fu cantante della cappella papale, un’istituzione che apprezzava i cantanti provenienti dalla penisola iberica. È in questo periodo a Roma che fu pubblicata, nel 1544, questa magnifica Missa che fa parte del Missarum Liber Secundus dedicato a Papa Paolo III (1468-1549). Ci sono molti dubbi sui motivi che spinsero Morales a comporre quest’opera. Alcuni ipotizzano che fosse destinata alle cerimonie funebri della moglie del re di Spagna Carlo V (1500-1558), Isabella del Portogallo (1503-1539). Quel che è certo è che questa musica fu eseguita nella cattedrale di Città del Messico negli anni 1559 e 1598 come musica funebre per i monarchi spagnoli Carlo V e Filippo II (1527-1598).
Kerensa Briggs (1991) è una compositrice pluripremiata specializzata in musica corale. Descritta come “musica toccante, ambivalente e silenziosamente devastante” dal New York Times, le sue opere sono state eseguite a livello internazionale in luoghi come la Cattedrale di St. Paul e la Cappella Sistina. La sua musica viene regolarmente eseguita o trasmessa in diretta con gruppi come Voces 8 e The Sixteen. Il suo album Requiem (2023) per Delphian Records si è piazzato nella top 30 delle classifiche classiche ed è stato descritto come “musica affascinante e sentita” dalla rivista musicale della BBC. Kerensa ha vinto il National Centre for Early Music Young Composers Award 2014 ed è un’ex allieva del programma TheoArtistry Composers presso l’Istituto di Teologia e Arti di St. Andrews. È stata compositrice in residenza per il St. Louis Chamber Chorus tra il 2023 e il 2025. Il suo amore per la musica corale deriva dalla sua esperienza corale: ha cantato in cori come il Gloucester Cathedral Youth e il coro del King’s College di Londra, dove ha ottenuto una borsa di studio corale e ha conseguito un Master in composizione.
Il brano Media vita è stato commissionato nel 2015 dall’ensemble vocale inglese Siglo de Oro e dal suo direttore Patrick Allies per celebrare i 500 anni dalla nascita del compositore rinascimentale inglese John Sheppard. Il brano trae ispirazione sia dall’ampiezza e dall’intensità che si ritrovano nelle composizioni di Sheppard, sia dal significato contenuto nel testo stesso. Queste idee sono incorporate in un linguaggio armonico più ricco e in una sonorità riflessiva.